12 Giugno 2005 - Pieve di Romena: Ragazzi Speciali, Un incontro con una realtà diversa, con la partecipazione di Massimo Orlandi giornalista, Wolfgang Fasser musicoterapista, Associazione A.g.a.p.h. (assoc. genitori amici portatori handicap), Associazione Cortequestre (ippoterapia), Quartetto d'archi Euphoria, guppo musicale Shalomklezmer, Brunetto Salvini attore e regista.

 

Un pomeriggio di testimonianze, di musica, di animazioni per entrare nel mondo dei "diversamente abili". Domenica 12 giugno 2005, la Pieve di Romena e il suo grande prato hanno fatto da cornice all'incontro festoso con i "ragazzi speciali", in un appuntamento organizzato per avvicinare e sensibilizzare alle tematiche dell'handicap. Hanno partecipato portando le loro testimonianze di vita e professionali: due padri e due madri di ragazzi speciali;

Wolfgang Fasser non vedente e quindi a sua volta un adulto speciale, musicoterapista, che ha illustrato la sua attività presso l'Associazione Il trillo accanto ai ragazzi attraverso le potenzialità dell'arte e della creatività, in particolare la musica e i suoi strumenti, per il superamento di deficit verbali e psico-motori e un miglior inserimento nella vita sociale;

www.iltrillo.org

Maria Paola Casali dell'Associazione Cortequestre che nell'ambito della Fattoria Didattica "La Balzana" (località Ama di Pratovecchio) porta avanti, come formatrice della Comunicazione specializzata in Cavalgiocare e Brain Gym, esperienze di apprendimento e benessere tra i cavalli.

L'arte di educare al fascino del cavallo con il gioco e il movimento

...star bene con i cavalli... star bene con se stessi

Proposte di qualità per

la cultura la scuola il turismo per i ragazzi

lo sport per tutti

il sociale e l'handicap

www.cortequestre.it

www.labalzana.it

 

E' intervenuta anche una rappresentante dell'Associazione A.G.A.P.H (Associazione Genitori Amici Portatori Handicap) che ha fatto presente la necessità di un luogo dove possano incontrarsi persone di abilità diverse, un posto dove ci sia spazio per l'attività fisica come per l'attività terapeutica, ma dove si possa anche stare insieme per dialogare, per festeggiare, per lavorare, per offrire consulenza a parenti e amici di ragazzi diversamente abili e dove si possa trovare materiale informativo, filmati, foto ed altro per l'uso di tutti.

www.agaph.org

Con una offerta libera possiamo aiutare genitori e ragazzi speciali a creare questo luogo in Casentino

PER DONAZIONI: c/c postale n.18560565 intestato a A.G.A.P.H. - Via Berni 41, 52011 Bibbiena (AR) - Tel. 0575-569749 - E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Il pomeriggio si è aperto con la lettura da parte di Pietro di uno scritto di autore sconosciuto dal titolo "Sono il bambino disabile" di cui riportiamo il testo:

Sono il bambino disabile. Sono il bambino che non può parlare.

Spesso provi pietà per me. Lo posso vedere nei tuoi occhi. Ti chiedi quanto ne sia consapevole…Anche questo lo vedo. Sono consapevole di molto… Se tu sei felice o triste o impaurito, paziente o impaziente, pieno di amore e desiderio, o se fai solo il tuo dovere con me. Mi stupisce la tua frustrazione, sapendo che la mia è così più grande, perché non posso esprimere i miei bisogni come fai tu. Non puoi concepire il mio isolamento, così totale lo è qualche volta. Non ti regalo conversazioni intelligenti nè commenti ingegnosi da ridere e da raccontare. Non do risposte alle tue domande di ogni giorno, risposte su come sto, di cosa ho bisogno o sul mondo intorno a me. Non ti do la gratificazione di vedermi crescere come definito dalle norme dello sviluppo… non ci sono grandi passi in avanti che puoi mettere in merito tuo. Non ti do contraccambio nei modi che tu conosci. Quello che ti do vale così tanto di più… Io ti do delle occasioni: l'occasione di scoprire il profondo del tuo carattere, non del mio; il profondo del tuo amore, del tuo impegno, della tua pazienza, delle tue abilità; l'oc-casione di esplorare il tuo spirito in modo ancora più profondo di quanto tu credi sia possibile. Ti spingo più lontano di quanto tu potresti mai arrivare da solo, lavorando più duro, cercando risposte alle tue tante domande, ma anche creando domande che non hanno risposte.

Sono il bambino che non può parlare. Sono il bambino che non può camminare.

Qualche volta il mondo sembra tagliarmi fuori. Vedi la voglia nei miei occhi di lasciare questa sedia, di correre e giocare come altri bambini. C'è tanto che tu prendi per scontato. Vorrei i giocattoli in cima allo scaffale. Ho bisogno di andare in bagno…oh…mi è cascato il cucchiaio un'altra volta. Sono dipendente da te in questo. Il mio regalo per te è farti cosciente della tua grande fortuna, la tua schiena e le tue gambe sane, le tue abilità di fare per te. Qualche volta la gente sembra non vedermi; io li vedo sempre. Non sento tanto invidia, ma desiderio, desiderio di stare in piedi, mettere un piede davanti l'altro, essere indipendente. Ti do consapevolezza.

Sono il bambino che non può camminare. Sono il bambino con la mente lesa.

Non imparo facile, se mi misuri con le norme del mondo. Cosa conosco è la gioia infinita nelle cose semplici. Non sono caricato come te con le lotte e i conflitti di una vita complicata. Il mio regalo per te è di donarti la libertà di godere cose come un bambino, di insegnarti quanto significano le tue braccia intorno a me, di darti amore. Ti do il regalo della semplicità. Sono il bambino con la mente lesa. Sono il bambino disabile. Sono il tuo insegnante. Se me lo permetti, ti insegnerò cosa è veramente importante nella vita. Ti darò e ti insegnerò amore incondizionato. Ti do la mia fiducia innocente, la mia dipendenza da te. Ti insegno il rispetto per gli altri e per la loro singolarità. Ti insegno la santità della vita. Ti insegno com'è preziosa questa vita e di non prendere le cose per scontate. Ti insegno a dimenticare i tuoi propri bisogni, i tuoi desideri e i tuoi sogni. Ti insegno a dare. Più di tutto, ti insegno speranza e fede.

Sono il bambino disabile.

Sono poi seguite come già detto le testimonianze di padri e madri di ragazzi con bisogni speciali. Riportiamo qui di seguito un testo che illustra la vita di genitori speciali che quotidianamente si trovano a combattere con mille difficoltà per il bene dei loro figli.

Dove sono i genitori?

Sono al telefono con dottori e ospedali e si battono con assicurazioni, lottando contro la burocrazia per riuscire a soddisfare i bisogni medicinali del loro bambino. Sono sotterrati sotto montagne di carta e conti di medicine, cercando di trovare senso in un sistema che sembra fatto per confondere e intimidire tutti tranne quelli più esperti. Dove sono i genitori? Sono a casa, a cambiare il pannolone al loro figlio quindicenne, o cercando di sollevare la loro figlia di 37 kg sul water. Stanno spendendo un'ora ad ogni pasto per imboccare un bambino che non può masticare o a nutrire il loro figlio attraverso un sondino, con cautela e impegno. Stanno applicando medicazioni, cambiando cateteri ed erogatori di ossigeno. Dove sono i genitori? Sono seduti nelle sale di attesa del pronto soccorso, esausti e con lo sguardo annebbiato, aspettando risultati di un test e chiedendosi: sarà questa la volta che il mio bambino non ce la fa? Sono seduti con pazienza in stanze dell'ospedale, mentre il loro bambino si riprende dopo un altro intervento per allungare tendini, raddrizzare la schiena o intervenire su organi interni mal funzionanti. Aspettano in lunghe file all'USL, perché nessuna assicurazione accetta di aprire una pratica per il loro bambino per curarlo privatamente. Dove sono i genitori? Stanno dormendo a turni perché il loro bambino non dorme più di due o tre ore la notte e perché deve essere guardato di continuo, per timore che faccia male a se stesso o a qualcuno della famiglia. Rimangono chiusi in casa con il loro bambino, perché famiglia e amici sono o troppo timidi o senza voglia di guardare il bambino qualche volta e le istituzioni, che dovrebbero aiutare, hanno problemi propri a causa dei tagli di finanze. Dove sono i genitori? Cercano di passare tempo con i loro bambini non disabili, cercano di recuperare del tempo che hanno dovuto dedicare a tenere in vita il bambino disabile. Si battono per mandare avanti un matrimonio, perché la sfortuna non sempre unisce. Stanno facendo 2 o qualche volta 3 lavori per coprire le spese che ci sono in più. E qualche volta è rimasta un genitore solo che lotta per fare tutto questo da solo.

Dove sono i genitori? Stanno cercando di sopravvivere in una società che parla tanto senza fare niente. Cercano di mettere insieme i pezzi dei loro sogni infranti per poter avere almeno un tipo di vita normale per i loro bambini e le loro famiglie. Hanno tanto, tanto da fare, cercando di sopravvivere.

Ecco invece Christine, la mamma di Fabio, che ha organizzato con grande entusiasmo l'incontro a Romena e che ci racconta la sua esperienza rivolgendosi ad altri genitori che condividono una delle rare malattie cromosomiche che ha colpito suo figlio: IsoDicentric 15. Fabio è un bambino speciale, bellissimo. Per i suoi dodici anni non sa fare tante cose che fanno altri bambini della sua età. Lui non parla, non mangia da sè, non si veste, non va in bagno. Lui ha tante crisi epilettiche e deve prendere tante medicine. Lui non conosce nè regole, nè pericoli. Non può mai restare solo, perchè non si sa mai cosa gli possa succedere o cosa possa combinare. Lui ha semplicemente un pezzo del cromosoma 15 in più; questo danno gli è successo nei primi giorni della sua vita nella pancia della mamma, come un incidente. E può capitare in qualsiasi gravidanza, indipendentemente dallo stile di vita della mamma. Una volta manifestato, rimane ereditario e, finora, non esiste nessuna cura che riesca ad affrontare questa sindrome.

Vivere con Fabio

E' difficile parlare di questi ultimi 12 anni che hanno cambiato la nostra vita in modo così profondo, perché sicuramente tutti voi sapete già molto bene cosa ci è successo. Voi vivete nella stessa situazione, o in una molto simile, anche se abitate in un altro continente, parlate un'altra lingua e magari tante cose delle vostra vita quotidiana sono diverse. Fabio è il nostro secondo figlio, e visto che noi - mio marito ed io - ci siamo incontrati così tardi, non eravamo più tanto giovani, io avevo quasi 41 anni, mio marito quasi 48. Non ci siamo resi conto subito che il nostro bambino aveva problemi, anche se subito dopo la nascita dovette rimanere una settimana ricoverato, perché qualcuno aveva visto qualcosa che poteva sembrare una crisi epilettica. Me lo hanno ridato come un bambino sano, ed io ci credevo. Gli occhi di una mamma qualche volta sono ciechi - il suo sviluppo già dai primi mesi non era normale, però non volevo vederlo. Soltanto quando il nostro pediatra e anche gli amici insistettero, cominciai a reagire, e iniziò l'odissea infinita dai dottori. Cercavamo di fare tutto il possibile. A otto mesi iniziò con la fisioterapia, iniziò a frequentare l'asilo prima possibile, con una persona di sostegno tutta per lui, faceva ippoterapia e musicoterapia. Ci siamo impegnati a imparare di che cosa aveva bisogno e come capirlo. Giocavamo e ridevamo con lui quando era possibile, e lo confortavamo, quando era frustrato - in genere perché non capivamo quali erano i suoi bisogni. Lui non chiedeva mai tanto, solo cose di base, e cresceva come un piccolo ragazzo felice. Ora frequenta un gruppo sperimentale, dove si trovano insieme ragazzi con disabilità diverse, la maggior parte legate all' autismo. Trascorrono con le terapiste e sotto la visione di una psicologa la giornata, lavorando sull' autonomia (mangiare, pulire i denti, vestirsi, lavarsi…) e sui rapporti sociali fra i ragazzi e fra ragazzi e terapiste. Siamo molto felici di aver trovato questo centro, e Fabio fa tutti giorni quasi 3 ore di macchina per essere lì dalle 9 della mattina alle 4 del pomeriggio. E' stata molto dura quando era più piccolo. Prima di tutto, tu non capisci cosa sta succedendo a te e a tuo figlio. Senti una responsabilità sulle tue spalle che sembra essere più grande di te, per decisioni così importanti che sembrano condizionare la sua vita futura. E poi, come sapete tutti, fa male, sì, non posso descriverlo diversamente, fa così tanto male, quando sono piccoli e indifesi. Come diventava più grande, diventava anche più semplice per noi. Il dolore via via si trasformava dalla disperazione in tristezza, e si aggiungevano esperienze diverse, che ci aiutavano a vedere la nostra vita da altri punti di vista, e a dare al dolore un posto giusto fra altre sensazioni, più positive. Ora so, che il futuro di Fabio non sarà solo mia responsabilità privata. Qualche volta mi sembra che debba partorire mio figlio una seconda volta, come se dovessi imparare ad accettare che lui è una persona di per sè, con la sua propria vita, che non è una parte della mia. Ho imparato a vedere che lui è in un certo senso privilegiato perché nato in una parte ricca del mondo, dove ci è permesso di vivere in pace. Quanti bambini muoiono di fame, vengono mutilati in una delle guerre di popoli, perdono i genitori, sono vittime di abusi sessuali. Fabio è un piccolo simpatico bambino, ed è per la maggior parte del suo tempo felice. Ama la sua famiglia, come noi amiamo lui, e sta crescendo nel modo migliore che è possibile per noi. Anche la mia storia personale mi condiziona a pensare così. Sono nata in Germania, e i miei genitori, i nonni di Fabio, hanno vissuto una parte importante della loro vita durante il nazi-fascismo. Forse non tutti sapete, che in questi anni non solo ebrei, comunisti, omosessuali e zingari sono stati deportati e ammazzati, ma anche un grande numero di ragazzi speciali come i nostri. Li radunavano in campi speciali. Qualche volta dicevano ai genitori che erano lì per essere curati. E poi, dopo qualche mese, arrivava la lettera a casa con la notizia che il ragazzo era morto per cause naturali. In verità li dividevano in due gruppi: chi poteva pronunciare il proprio nome, aveva una possibilità di sopravvivere, chi non poteva dirlo, andava al gas. Fabio non parla per niente. Certo, non è colpa nostra, se questo mondo non è un posto dove i ragazzi speciali sono i benvenuti. E non lo cambieremo, non da soli. Però possiamo cercare di far sapere alla gente quanto i nostri ragazzi diano a noi e a questo mondo. Che non finisce la vita se tu hai un bambino speciale, ma che continua, solo diversamente. Troverai persone che ti aiutano, e diventerai più forte. Imparerai che niente nella vita è garantito, e ti chiarirai la mente su tutte le cose superflue e vuote, per fare posto ad esperienze importanti che ti fanno crescere. Fabio mi dà tutto questo, e sono grata di avere la possibilità di imparare e crescere, vivendo con lui.

Christine Reimann

Ma qual'è il rapporto dei ragazzi speciali con eventuali altri fratelli e sorelle? Non sempre è facile e gli stessi genitori devono, con grande abilità e sacrificio, ma certamente con tanto amore, dividersi tra le esigenze di un figlio cosidetto "normale" ed uno cosiddetto "speciale". Lo scritto che segue è un esempio di come la presenza di un fratello speciale, possa influenzare positivamente il processo di maturazione di un altro figlio:

Dio abita sotto il letto

Invidio Kevin. Mio fratello Kevin crede che Dio abiti sotto il suo letto. Almeno è questo che gli ho sentito dire una notte. Stava pregando a voce alta nella sua camera buia, e mi fermai fuori della sua porta chiusa per ascoltare. "Sei lì, Dio?" diceva. "Dove sei? Oh, capito. Sotto il letto." Ridacchiai pian piano e tornai in punta di piedi verso la mia camera. Kevin ha dei modi di vedere unici che spesso sono fonte di divertimento. Ma quella notte qualcos'altro perdurò a lungo dopo l'umorismo. Per la prima volta capii il mondo così diverso nel quale vive Kevin. E' nato trent'anni fa, con disabilità mentale causata da problemi durante il parto. A parte la sua statura (un metro e 88), ci sono pochi aspetti da adulto in lui. Ragiona e comunica con la capacità di un bambino di sette anni, e sarà sempre così. Probabilmente crederà per sempre che Dio vive sotto il suo letto, che Babbo Natale è uno che riempie lo spazio sotto il nostro albero ogni Natale e che gli aeroplani rimangono in aria perché gli angeli li sostengono. Mi ricordo che mi chiedevo se Kevin si rendesse conto di essere diverso. Non è mai scontento della sua vita monotona? Alzarsi ogni giorno prima dell'alba, andare al lavoro in un laboratorio per disabili, tornato a casa portare a spasso il nostro canino, tornare a mangiare il suo piatto preferito pasta-e-formaggio per cena, e più tardi a letto. L'unica variazione a questo ritmo giornaliero è il momento del bucato, quando si libra eccitato sulla lavatrice come una mamma con il suo neonato. Lui non sembra essere scontento. Ogni mattina salta fuori per prendere il suo pulmino alle 7.05, entusiasta per una giornata di semplice lavoro. Stringe le sue mani eccitato mentre l'acqua bolle per la cena sulla stufa, e rimane due volte la settimana alzato fino a tardi per raggruppare i nostri panni sporchi per il suo consueto bucato del giorno dopo. E il sabato - oh, la felicità del sabato! Quello è il giorno che mio padre porta Kevin all'aeroporto per prendere una bevanda analcolica, guardare atterrare gli aeroplani e ragionare a voce alta sulle possibili destinazioni dei passeggeri all'interno. "Quello va a Chi-car-go!" Kevin grida mentre batte le mani. La sua aspettativa è così grande che ha difficoltà a dormire il venerdì notte. E così procede il suo mondo fra rituali giornalieri e girate a fine settimana. Lui non sa cosa vuol dire essere scontento. La sua vita è semplice. Lui non conoscerà mai i coinvolgimenti del benessere e del potere, e non gli importa che marca hanno i vestiti che porta o che tipo di alimenti mangia. I suoi bisogni sono sempre stati soddisfatti, e non si preoccupa che un giorno potrebbero non esserlo. Le sue mani sono attive. Kevin è contentissimo quando lavora. Quando svuota la lavastoviglie o passa con l'aspirapolvere i tappeti, dà tutto se stesso. Non si stacca da un lavoro quando è iniziato, e non lo lascia finchè non è finito. Ma quando i suoi doveri sono terminati, Kevin sa come rilassarsi. Non è ossessionato dal suo lavoro o da quello degli altri. Il suo cuore è puro. Lui crede ancora che tutti dicano la verità, che le promesse debbano essere mantenute, e che, quando hai torto, ti debba scusare invece di discutere. Libero dall' orgoglio e incondizionato dalle apparenze, Kevin non ha paura di piangere se è ferito, in collera o dispiaciuto. Lui è sempre trasparente, sempre sincero. E confida in Dio. Senza essere limitato dal ragionamento intellettuale, quando affronta Cristo, lo affronta come un bambino. Sembra che Kevin conosca Dio - che riesca a essere veramente un suo amico in un modo che è difficile da comprendere per una persona "istruita". Dio sembra il suo compagno più vicino. Nei miei momenti di dubbio e frustrazioni col mio Cristianesimo, invidio la sicurezza che Kevin ha nella sua semplice fede. E' in questo caso che sono maggiormente disposto ad ammettere che lui ha qualche conoscenza divina che supera le mie domande mortali. E' allora che realizzo che forse non è lui la persona disabile - ma io. I miei doveri, la mia paura, il mio orgoglio, le mie condizioni - tutti diventano disabilità quando non li affido alla cura di Dio. Chi sa se Kevin capisce cose che io non imparerò mai? Dopo tutto, lui ha trascorso tutta la sua vita in quel genere di innocenza, pregando dopo il tramonto, assorbendo bontà e amore di Dio. E un giorno, quando si apriranno i misteri del cielo e tutti noi saremo stupiti di come Dio è veramente vicino ai nostri cuori, comprenderò che Dio ha ascoltato le semplici preghiere di un ragazzo che credeva che Dio abitasse sotto il suo letto. Kevin non sarà per niente stupito!

La malattia di Fabio è una malattia cromosomica rara. Le famiglie che si trovano davanti a una tale diagnosi devono affrontare tutti i problemi e le angosce che comporta la vita quotidiana e la gestione del futuro con un bambino con bisogni speciali. In più però si sentono particolarmente soli senza lo scambio con altri che hanno le stesse esperienze, visto che sembra impossibile conoscere famiglie con bambini della stessa sindrome. In più si trovano spesso davanti a medici impotenti e con poche informazioni, visto che le ricerche per malattie rare sono meno avanzate. Così sono nate delle associazioni, fondate dai genitori di questi bambini, come iniziative personali, che sono diventate importantissime per la vita delle famiglie colpite. I.D.E.A.S. è una di queste: quando fu fondata nel 1994 ne erano al corrente pochissime famiglie, ora sono più di 200 famiglie da tutto il mondo che si trovano riunite in I.D.E.A.S. Tutte le attività vanno fatte come volontariato e i membri non pagano per usufruirne; il lavoro del gruppo include: un sito internet con informazioni, parole di sostegno, foto e relazioni su bambini con idic 15, sostegno per fratelli e sorelle; un e-mail-gruppo molto attivo, dove famiglie e amici possono parlare di qualsiasi esperienza e problema e dove si trovano informazioni specifiche; un giornale che ricevono le famiglie gratis; congressi internazionali, dove partecipano fra l'altro anche specialisti e ricercatori; la ricerca di fondi.

www.idic15.org

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Ma esistono delle sindromi che sono praticamente uniche. Dai bisogni di queste famiglie è stato fondato nel 1984 un gruppo di sostegno per la sindrome trisomia 9, che nel 1989 si apriva a tutte le malattie cromosomiche rare: UNIQUE. Unique lavora con il volontariato di parenti e amici e non costa niente ai suoi membri, che sono ora più di 3100 famiglie in 54 paesi.

www.rarechromo.org

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per la Toscana: Christine Reimann e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Per approfondimenti sull'argomento consigliamo la lettura del libro: "Bambini Speciali" realizzato da Christine Reimann, Edizioni Fruska. Per averlo farne richiesta attraverso la e-mail di Christine (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).